Tra Bologna e Ferrara, nella patria dell’asparago verde, ormai da tempo ha trovato la sua isola felice. Ad Altedo da nove stagioni, Gianluca Tradii, bolognese, è in un periodo particolarmente vivace della sua vita: trent’anni a marzo, una ‘seconda giovinezza’ a livello cestistico e tante novità in vista. E un sogno nel cassetto da avverare.
Tradii, con due ‘i’.
“Un cognome italianissimo. Mio padre giocava a Cento in B e quando avevo quattro anni mi portava ai suoi allenamenti. Ho iniziato a giocare alla Pgs Welcome, dove sono rimasto finchè coach Benini mi ha portato ad Altedo in D, nove anni fa, dandomi subito tanta fiducia”.
Proprio voi, qualche settimana fa, avete ottenuto un bel successo con Cento.
“Siamo una squadra piuttosto giovane e, probabilmente sbagliando, abbiamo bisogno di avere di fronte avversari forti per tirar fuori il meglio. Battere Cento è stato un grosso motivo di orgoglio”.
Sotto le luci gialle di Altedo non è facile vincere.
“Quelle luci per me sono stupende, io ci gioco da anni e le trovo molto rilassanti. Ovviamenente chi viene da fuori non è abituato e il campo è da sempre ostico, poi anche il pubblico sta tornando quello molto acceso che era”.
Come ai tempi delle due promozioni.
“La prima contro Parma è stata stupenda, una delle mie più grosse soddisfazioni, e anche il pubblico fu incredibile. In finale avevo fatto 17 punti ma il ricordo è legato allo spirito di quel periodo: Altedo, per una serie di cose, era un’isola felice e quello fu il coronamento di un periodo felicissimo”.
E adesso?
“Il presidente Trentini è una persona fenomenale, la più genuina che esista e ha una gran passione per la pallacanestro. Ma da solo non poteva fare tutto e con l’arrivo prima di Cavicchioli, che non allena soltanto ma è importante per la società, e di Piana quest’anno, abbiamo una struttura come non l’avevamo forse mai avuta. Penso sia ricominciato un vero e proprio ciclo stupendo”.
Un arrivo, quello del coach, importante anche per lei.
“Sì, forse prima del suo arrivo mi ero un attimo ‘adagiato’. Lui gioca moltissimo con l’aspetto emotivo, cerca di stimolare portando quasi sempre al limite, e io sono una persona che raccoglie le sfide. Sono molto contento di quel che sto facendo nelle ultime stagioni e a trent’anni – non è mai troppo tardi – ho raggiunto un po’ di quella maturità e serenità cestistica che speravo di trovare. Devo ringraziare i familiari per tutto quello che hanno sempre fatto per me”.
Magari un domani le piacerebbe allenare.
“Non ci ho mai pensato, ma il tempo è poco. Lavoro nel campo della cosmetica, gestisco un’equipe di venditori e tra questi c’è il mio compagno di squadra Quaiotto. Dal prossimo mese, poi, andrò a convivere: sono fidanzato da sette anni. Un domani, magari, mi piacerebbe imparare a suonare la chitarra. Mark Knopfler dei Dire Straits ed Eric Clapton sono favolosi”.
A breve festeggerà i dieci anni in biancorosso.
“Il mio sogno più grande sarebbe di portare questa squadra su di categoria. Sarebbe veramente il coronamento dei miei venticinque anni di pallacanestro”.
Il Resto del Carlino - Giovedì 11 febbraio 2010
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