Dalla soglia del professionismo ai campionati amatoriali, fino a quest’anno aveva conosciuto tutti i campionati come giocatore o allenatore. Mancava solo la D per completare l’album. A novembre, con qualche riserva, Bruno Canè ha accettato la proposta degli amici dell’Audace: ora la matricola è sorprendentemente in quarta posizione. E Canè, che con la pallacanestro ha un legame che si fonde nella vita di tutti i giorni, è il più contento di tutti.
Coach, partiamo dalle giovanili.
“A livello Propaganda ero il miglior playmaker d’Italia. In Virtus ho vinte tre scudetti, un Propaganda con Gianni Giardini, e due nei Cadetti, con Ettore Messina”.
Niente male, come maestri.
“Infatti. Io poi ero una spugna e recepivo anche le briciole delle loro perle di saggezza. Dopo andai in C a Medicina con Dovesi. Restai lì quattro anni, per poi passare a San Lazzaro in B2 col compianto Ettore Mannucci, il più grosso allenatore degli ultimi trent’anni a Bologna”.
Un ricordo che porta nel cuore.
“‘Nanni’ era la persona più importante della mia vita e ora uno degli scopi della mia esistenza è di portare avanti il suo nome. Quando ci lasciò gli subentrai nel lavoro, alla Promo Nanni, azienda che ho tutt’ora”.
Quindi venne il momento delle scelte.
“Decisi di giocare un paio di anni in Prima Divisione e Promozione, chiaramente vincendo tutto, prima del ritorno a Medicina. L’anno successivo chiesi di allenare e, con una squadra che non avrebbe dovuto vincere neppure una partita, arrivammo a due punti dai playoff: un anno indimenticabile. Poi mi tornò la voglia di giocare: con dieci chili in più andai alla Salus, in C1, per dieci partite memorabili. Il tendine d’Achille mi costrinse a fermarmi, ma non volevo smettere con un infortunio, e quattro mesi dopo, con un recupero lampo, ero di nuovo in campo con coach Dovesi”.
Canè e Dovesi insieme anche alla Virtus 1934.
“In B1. Ero il vice di Tino poi diventai allenatore-giocatore: era l’unico modo per stare in panchina. In quel gruppo c’erano un paio di professionisti, tra cui Luca Vitali, più i miei ragazzi della Salus. Tutti assieme evitammo la retrocessione. Ai playout contro Riva del Garda perdemmo 91-59 in gara uno. Io, per sdrammatizzare, dissi in conferenza che era tutto previsto, che volevamo stancarli. E infatti ci siamo salvati vincendo le altre due partite. In quella stagione la presenza di Marco Savini al mio fianco fu decisiva: è una delle persone più belle e preparate che ho mai incontrato”.
Canè, ha belle parole per tutti. Però quando giocava…
“In campo ero poco simpatico con gli avversari, una testa matta, ma molti dei miei ex compagni sono stati testimoni alle mie nozze o padrini dei miei figli. Da allenatore sono cambiato: nella pallacanestro c’è sempre la squadra, il clan, davanti a tutto. E all’Audace devo pensare a tenere calmo ‘Lollo’ Fascetti”.
La D non le sta un po’ stretta?
“Ora ho due bimbe di cui sono innamorato e preferisco giocare con loro sul divano piuttosto che allenare persone che magari non conosco. L’Audace? Si allena sotto casa mia, è un gruppo che ha entusiasmo e mi segue. E io mi diverto”.
Il Resto del Carlino - Giovedì 25 febbraio 2010
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